Possono venire in mente le situazioni più varie in cui si possa ritenere appropriato imporre qualcosa piuttosto che persuadere ad agire in un certo modo. Viene da pensare al confronto tra individui, o gruppi di individui, rispetto alle regole di convivenza civile, ma la questione si pone anche verso se stessi: devo impormi di fare più esercizio, di mettermi a dieta, di assumere una postura corretta, ecc. Spesso nel mio lavoro mi sento dire: mi sforzo di stare dritto ma non ci riesco. Ha senso imporre al proprio corpo una postura corretta? E chi ha detto che quella che si cerca di assumere sia la postura corretta? Iniziamo dalla seconda domanda. Il tema della postura è oggetto di studio dalla metà dell’800 e all’inizio del secolo scorso la postura militaresca veniva rappresentata come un modello. F.M. Alexander la criticava apertamente nei suoi libri, sostenendo che portasse ad un atteggiamento rigido che interferiva con la respirazione, con il movimento e con il funzionamento generale del corpo. Sebbene ora non si parli più di “mento in dentro e petto in fuori”, nella letteratura divulgativa l’idea di postura corretta è per lo più legata all’allineamento dei segmenti corporei, in posizione eretta, seduta e nel sollevamento di oggetti. Sono familiari a tutti i disegni tipo fumetto che non lasciano spazio a dubbi: omino dritto sorridente, omino gobbo triste; impiegata seduta dritta con il segno di spunta verde, impiegata seduta gobba con la X rossa; oppure il classico fulmine rosso che si scarica sulla schiena del soggetto che si piega incautamente in avanti senza flettere le ginocchia. Tutto corretto, siamo al massimo della sintesi, ma quale messaggio passa ai lettori? Un sondaggio di qualche tempo fa rivelava che la maggior parte delle persone aveva un’idea abbastanza precisa della postura corretta ma riteneva di non essere in grado di assumerla o mantenerla. “Io mi sforzo di stare dritto ma non ci riesco”. Forse il problema sta nel modo di arrivarci. Alcuni esperti propongono di risolverlo decidendo quali muscoli vanno allungati e quali rinforzati, da cui derivano una serie di esercizi ripetitivi. Altri si basano sul principio delle catene muscolari per migliorare la forma del corpo e ottenere automaticamente un miglioramento posturale. Altri ancora preferiscono correggere disfunzioni podaliche, visive, cranio-mandibolari o di altro tipo. In ogni caso si tratta di imporre qualcosa dall’esterno al corpo del soggetto che “non riesce a stare dritto”. I recenti studi scientifici ci hanno aiutato a comprendere meglio la funzione posturale e i rapporti con la volontà cosciente. Si è visto che alcuni pensieri hanno effetti diversi rispetto ad altri sul tono posturale. Fermarsi al momento giusto per darsi delle istruzioni appropriate aiuta ad abbandonare alcune abitudini dannose, ad organizzare meglio il tono muscolare e a far funzionare gli automatismi posturali a proprio vantaggio. Se poi si ha la fortuna di essere aiutati da un insegnante di Tecnica Alexander, allora siamo a posto. Chi prova questa esperienza rimane spesso sorpreso dalla gentilezza del tocco manuale utilizzato in questa disciplina. I suggerimenti che arrivano dalle mani dell’insegnante hanno la forza di condurre il soggetto a compiere una scelta tra la compressione abituale e l’espansione naturale del suo corpo. L’aspetto più stimolante, per me, è trovare il modo di persuadere la persona a compiere quella scelta, non tanto razionalmente, ma attraverso il dialogo con se stessa, con le proprie sensazioni e le proprie aspettative, con la percezione di sé e l’invito ad andare oltre i propri confini. La persona impara a sua volta a dialogare con il suo corpo, ad essere gentile e persuasiva, sviluppando una consapevolezza di sé che dona sicurezza, agio e senso di benessere. Cosa si può desiderare di più da un sistema rieducativo?
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