La pratica e gli studi scientifici ci dicono che la Tecnica Alexander contribuisce efficacemente ad alleviare il dolore in molte patologie muscoloscheletriche, ma non sappiamo ancora bene come ciò avvenga. Di solito si pensa che il rilasciamento delle tensioni eccessive faccia diminuire il sovraccarico sui tessuti (ossa, muscoli, legamenti, nervi) e porti sollievo. Questa spiegazione sarebbe plausibile se il dolore fosse correlato al danno dei tessuti, ma le ricerche scientifiche degli ultimi anni ci dicono che non è così, soprattutto nel dolore cronico, quello che persiste per oltre tre mesi, che interessa milioni di persone (mal di schiena, dolore cervicale, artrosi, fibromialgia, ecc.)
Secondo la scienza, il sistema nervoso svolge un ruolo determinante nella generazione del dolore, modificandone i meccanismi di regolazione, che diventano più o meno sensibili. Altre modifiche riguardano la rappresentazione nel cervello delle parti interessate dal dolore e il controllo motorio delle stesse, oltre a cambiamenti nelle aree legate alle emozioni. Il dolore non è quindi l’indicatore di un danno, come si pensava in passato, e purtroppo ancora oggi, ma è una misura protettiva messa in atto dal sistema nervoso per far fronte a una minaccia, vera o presunta, che può compromettere l’integrità del corpo. I fattori che contribuiscono a mettere in atto questa misura sono di ordine biologico, psicologico e sociale, cioè riguardano lo stato interno della persona, non solo biologico ma anche psico-emotivo, e il contesto con il quale interagisce.
Il modo in cui viene affrontato il dolore attualmente può essere distinto in trattamenti passivi, generalmente riguardanti parti del corpo, o metodi attivi, nei quali le persone vengono coinvolte attivamente in un processo educativo. Gli studi recenti dimostrano che questi ultimi sono più efficaci e danno benefici a lungo termine. La probabile spiegazione sta nel fatto che non si occupano solo della parte dolente ma aiutano la persona a mettere in atto dei cambiamenti nel comportamento che coinvolgono potenzialmente tutti i fattori che contribuiscono a generare il dolore. Di fatto, lo scopo del dolore è quello di spingere la persona a modificare un comportamento che viene ritenuto minaccioso dal sistema nervoso sulla base di tutte le informazioni che riceve.
La Tecnica Alexander è un metodo educativo che accresce la consapevolezza cinestesica e porta a modificare il comportamento posturale e motorio abituale. Dalle recenti conoscenze provenienti dalla scienza del dolore e dagli studi sulla Tecnica Alexander si comincia a capire quali possano essere i cambiamenti che avvengono all’interno della persona che portano a ridurre il dolore cronico. Tra questi vi sono l’apprendimento, la normalizzazione della funzione sensomotoria, il miglioramento dei fattori psicologici, i cambiamenti nel tono muscolare, nell’eccitabilità neuronale e nel carico tissutale, nonché modifiche dello schema corporeo e riduzione della reattività complessiva. C’è ancora molto da capire e sono necessarie ulteriori ricerche.
Il punto della situazione è ben espresso in un recente articolo di Mari Hodges, da cui ho tratto le informazioni per questo mio intervento. Forse un giorno capiremo nel profondo come funziona la Tecnica Alexander e quali sono i meccanismi che avvengono all’interno della persona. Nel frattempo continuiamo a praticarla, forti di un’esperienza ultracentenaria che ha apportato benessere e miglioramenti nella salute di tante, tante persone.
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