Notiziario A.I.C.I. anno II n.1, giugno 2001
A.I.C.I. Associazione Italiana Insegnanti di Canto
TECNICA ALEXANDER
Paolo Frigoli
Vorrei chiedervi di leggere questo articolo lentamente, di fermarvi spesso, vorrei chiedervi di leggerlo non solo con gli occhi ma con tutto il vostro corpo. Fermatevi un attimo, lasciate un po’ di spazio e un po’ di tempo alle sensazioni, lasciate che possano raggiungere la vostra consapevolezza. Come vi sentite? Vi sentite a vostro agio? Siete comodi? Mentre scorrete il testo con gli occhi cosa fa il resto del vostro corpo? Siete troppo concentrati per accorgervene? Accade spesso di rivolgere tutta l’attenzione fuori da sé e di non rendersi conto di ciò che succede dentro. Cominciate a seguire il ritmo della vostra respirazione. E’ regolare? Fluido? Faticoso? Dove respirate? Non intervenite per cambiare le cose, non correggete, limitatevi ad osservare. Probabilmente siete seduti; state facendo qualcosa con le vostre gambe? Le state trattenendo? Pensate di lasciarle allungare, pensate di ammorbidire le cosce in modo da permettere alle ginocchia di allontanarsi dal bacino. Non correte, prendetevi tutto il tempo necessario per inviare questi messaggi all’interno del vostro corpo. Non cambiate posizione. State facendo qualcosa con le vostre braccia? Le state trattenendo? Pensate di lasciarle allungare. Pensate di ammorbidire le spalle e di lasciare allontanare i gomiti dalle spalle. Non fate niente, pensate e basta, dirigete la vostra attenzione. Ed ora la parte più importante: non vi chiedo di osservare cosa fate con il collo, vi chiedo semplicemente di ammorbidirlo, di non tenere la testa in quella posizione, qualunque essa sia, ma di lasciarla allontanare un poco dalle spalle… senza spingere … Come respirate ora?
Un insegnante di Tecnica Alexander potrebbe dare maggiore senso a queste istruzioni con il tocco delicato delle sue mani. Non corregge, non manipola, non massaggia ma ascolta, prima di tutto, e poi suggerisce, tramite le mani, ma in realtà con tutto il suo corpo, la possibilità di organizzare diversamente le tensioni muscolari. L’allievo viene guidato nell’esecuzione di semplici movimenti che gli permettono di rendersi conto di ciò che fa realmente, di quanto fa per muoversi. Spesso alcune parti del nostro corpo fanno troppo, a scapito di altre che fanno troppo poco; si possono verificare veri e propri conflitti muscolari che nel tempo provocano rigidità e limitazioni funzionali. Facendo affidamento sulle proprie abitudini la persona si nega continuamente la possibilità di muoversi in modo più efficace e coordinato, di mantenere una posizione senza sforzo, sempre alla ricerca di un modo corretto di sostenersi, di muoversi, di respirare, di parlare, di cantare… che non è mai il suo. Ho visto persone piangere e ridere insieme quando scoprono di poter abbandonare tensioni che non sapevano nemmeno di avere. E’ difficile descrivere il senso di integrazione psicofisica che si può raggiungere con la Tecnica Alexander. E’ essenzialmente un’esperienza sensoriale che mette maggiormente in contatto con se stessi, con le proprie energie, e permette di svolgere ogni compito utilizzando il proprio corpo nel modo più appropriato e naturale possibile.
Nel canto non si può limitare l’attenzione all’apparato fonatorio e alla respirazione. Le caratteristiche della voce e lo sforzo che si rende necessario per emetterla sono strettamente correlate agli aspetti posturali e alle abitudini motorie. Molti problemi di voce non iniziano nemmeno negli organi vocali ma in ciò che interferisce con il loro funzionamento naturale. Tra le abitudini più comuni vi é quella di irrigidire i muscoli del collo e tirare la testa indietro e giù, determinando una malposizione della laringe e delle vie aeree superiori e una chiusura della gola. Si genera una pressione sulla colonna vertebrale che si traduce come accorciamento e restringimento del tronco, disturbando così l’attività respiratoria. La gabbia toracica tende frequentemente a crollare sull’addome oppure viene sostenuta con la forza, ma così facendo la schiena perde la sua ampiezza proprio nella parte in cui i polmoni sono più larghi e le coste più mobili; A rendere tutto il sistema ancora più impacciato contribuisce spesso la cattiva abitudine ad appoggiarsi sulle anche spingendo il bacino in avanti e a bloccare le ginocchia indietro. In queste condizioni viene a mancare il sostegno adeguato al diaframma, agli addominali, alla gabbia toracica e agli organi vocali. Cercare di dare appoggio alla voce utilizzando tessuti molli quando manca sostegno nella struttura portante può generare ulteriore rigidità.
Il giovane Frederick Matthias Alexander (1869 – 1955) era alle prese con problemi di questo genere quando cominciò ad sviluppare una fastidiosa raucedine che rischiava di compromettere la sua promettente carriera di attore teatrale. Anni di osservazione davanti ad un sistema di specchi lo portarono a comprendere che l’origine delle sue difficoltà vocali stava nell’atteggiamento del collo, nel suo modo di trattenere la testa, di tirarla giù verso le spalle, comprimendo in tal modo la laringe. Lo studio paziente mise in luce tutta una serie di altre relazioni interdipendenti tra la testa, il collo, il tronco e gli arti, che rappresentano il modo tipico di ognuno di noi di tenere insieme le parti del suo corpo e di muoverle come un tutt’uno. Per l’importanza che la relazione testa-collo-schiena assume rispetto al resto del corpo venne chiamata da Alexander controllo primario: un buon controllo primario favorisce la coordinazione di ogni movimento mentre ogni tensione eccessiva nel resto del corpo può disturbare la relazione testa-collo-schiena e causare in ultima analisi una rigidità toracica. Per questo motivo l’insegnante insiste con le sue mani attorno al collo dell’allievo, per suggerire quel rilasciamento che permette alla testa di andare verso l’alto e guidare l’allungamento della colonna vertebrale e l’espansione di tutto il tronco. Queste ed altre direzioni vengono suggerite manualmente e verbalmente all’allievo per far sì che possa canalizzare la sua energia neuromuscolare in modo diverso da quello abituale.
Ma la prima difficoltà che incontrò Alexander fu proprio quella di rinunciare al suo modo abituale di impostare la voce. Non basta voler fare diversamente per essere sicuri di farlo: l’idea stessa di compiere una certa attività mette in moto la preparazione a cui normalmente facciamo affidamento e per garantirci la sicurezza di raggiungere il risultato usiamo noi stessi nel modo che conosciamo. Ogni altro modo viene percepito come sbagliato o quanto meno insolito, e pertanto viene evitato in partenza. Per esempio se uno tiene abitualmente la testa inclinata da un lato e una spalla più alta dell’altra quello è il suo modo di sentirsi dritto; quando viene allineato dall’esterno si sente subito storto. Ogni attività che svolgiamo può avere alla base una percezione errata di sè e dunque indurre al cattivo uso. E più ci si sforza di fare nel modo giusto più si rischia di rinforzare cattive abitudini. Di fronte a queste difficoltà la Tecnica Alexander insegna ad inibire, cioè rifiutare, il modo abituale di iniziare il movimento; insegna a non fare ciò che ci può essere di sbagliato nel movimento piuttosto che a fare movimenti giusti; insegna a non interferire con quella fondamentale coordinazione naturale che guida l’espansione integrata del nostro corpo, anche da fermi.
La complessità dei nostri gesti è tale per cui non possiamo pensare di porre tutte le componenti sotto il diretto controllo della volontà. In effetti l’attività volontaria si integra istante per istante con l’attività riflessa e il risultato è tanto migliore quanto più questi aspetti si armonizzano fra loro. Noi possiamo gestire l’uso del nostro corpo, ma senza dimenticare che poi questo influisce sul funzionamento dell’intero organismo, cioè sugli aspetti più automatici dell’attività in corso. Questa realtà si collega anche al vissuto personale e agli aspetti emotivi del comportamento. Bisogna chiedersi allora se ha senso cercare di respirare correttamente o se non è forse meglio cercare di non interferire con la respirazione naturale. E vi assicuro che l’esperienza di una respirazione veramente libera può essere abbastanza sconvolgente. Anche alla base dell’equilibrio vi è un insieme di riflessi che si integrano con la volontà. Il nostro compito non può dunque essere quello di cercare continuamente la postura corretta ma piuttosto quello di non interferire con i meccanismi posturali naturali che organizzano l’equilibrio. E’ in queste condizioni che si sente di poter stare comodamente in piedi o seduti senza sforzo, senza crollare su se stessi, lasciando altre parti del corpo più libere di svolgere i loro compiti. Il lavoro muscolare viene ripartito in modo più efficace, senza conflitti. Se pensiamo alla posizione come ad un movimento contro la forza di gravità possiamo incoraggiarlo, facilitarlo, guidarlo verso l’alto e rendere il nostro corpo più leggero ed elastico. Possiamo osservare le qualità di leggerezza, coordinazione ed elasticità nella maggior parte dei bambini, oppure in alcune persone che si distinguono nelle discipline sportive, nella danza, nel canto, nella musica. Probabilmente ottengono prestazioni brillanti non perché si sforzano più degli altri ma perché riescono a sforzarsi di meno.
La Tecnica Alexander è nata alla fine dell’Ottocento per risolvere i problemi vocali del suo ideatore ma fin dall’inizio il campo di applicazione si è allargato per abbracciare tutti i problemi legati all’uso di sé che affliggono oggi come allora tante persone. Mal di schiena, disturbi articolari e muscolari, scoliosi, difficoltà posturali, problemi respiratori, disturbi da stress, sono tutte situazioni in cui può rivelarsi estremamente utile imparare ad usare meglio se stessi. Ma gli effetti terapeutici non sono gli unici. La Tecnica Alexander può essere applicata con successo alla pratica di molte discipline tra cui il canto e la musica. Essa fa parte del piano di studi in molti conservatori e scuole d’arte drammatica inglesi ed americane. L’introduzione all’apprendimento del metodo può avvenire in gruppo ma le lezioni vere e proprie sono individuali. Per diventare insegnanti bisogna aver frequentato un corso triennale riconosciuto dalla STAT, la Società degli Insegnanti di Tecnica Alexander, di Londra, o da una società affiliata.
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