Meccanismo d'azione
Il sistema craniosacrale
Il sistema craniosacrale è costituito dalle meningi che avvolgono il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) all’interno delle quali scorre il fluido cerebrospinale, che ha funzioni protettive e metaboliche. Lo strato più esterno delle meningi, chiamato dura madre, si ancora saldamente ad alcune ossa del cranio e della colonna vertebrale, che divengono responsabili dei movimenti sincroni tra l’occipite e l’osso sacro. Le inserzioni condivise dalla fascia connettivale spiegano come ogni tensione possa venire trasmessa dall’interno all’esterno del sistema craniosacrale e viceversa, e come queste possano propagarsi in tutto il corpo. Le disfunzioni del sistema cranioscarale possono originare da qualsiasi trauma, fin dall’età fetale e dal momento del parto. Le restrizioni che si vengono a creare nel movimento delle strutture craniosacrali possono generare sintomi molto vari e riguardare tutte le funzioni dell’organismo.
Il ritmo craniosacrale
Nel sistema craniosacrale è stato osservato un cambiamento ritmico di pressione, che può essere spiegato con un modello idraulico semichiuso. Si ipotizza che la produzione del fluido cerebrospinale sia due volte più veloce del suo riassorbimento: mentre il riassorbimento avviene ad una velocità costante, la produzione è intermittente, causando in questo modo un ciclico aumento e diminuzione di pressione che fa muovere il fluido. Questo funzionamento è probabilmente controllato da un meccanismo a feed-back. In condizioni normali questo ciclo si verifica da 6 a 12 volte al minuto ed è abbastanza costante per tutta la vita. Nella fase di flessione il cranio si allarga e l’apice del sacro si muove in avanti, mentre tutto il corpo si allarga e si atteggia in extrarotazione. Nella fase di estensione il cranio si restringe e l’apice del sacro si muove indietro, mentre il corpo si restringe e si atteggia in intrarotazione.
La palpazione
La palpazione richiede da parte del terapista l’intenzione di amalgamare le mani con il corpo del paziente, in modo che queste possano compiere gli stessi movimenti dei tessuti con cui entra in contatto. Così facendo, il terapista può stimolare e sostenere i processi autocorrettivi del paziente. Le tecniche manuali utilizzano forze leggere, sono delicate, non invasive e per lo più indirette. Quando il terapista incontra una restrizione ne segue i movimenti, oppure vi si oppone, fino a percepire i segni di un rilasciamento. Nella palpazione si considerano quattro parametri: simmetria, qualità, ampiezza e frequenza. Una bassa frequenza può indicare uno scarso livello di vitalità dell’organismo, mentre una frequenza alta può essere segno di un processo patologico in corso. Un ritmo ristretto o asimmetrico può aiutare ad individuare una disfunzione di qualunque tipo.